F.A.Q Parigine - versione 3.0


"Una giornata a Montmartre", di Marco Niccolini

 

Questa giornata dedicata a Montmartre nasce dalle frasi iniziali dell'itinerario di Carla, tinyurl.com/j5aeevu, “basta allontanarsi di pochi passi dal Sacré-Coeur e da Place du Tertre,...”, dai quadri di Maurice Utrillo visti un anno fa al Musée de l'Orangerie e da un blog pieno di storie, foto, ricordi di un Montmartre segreto, www.montmartre-secret.com

 

Lunedì mattina: ha da poco smesso di piovere, esco dal M° Abbesses, già questo un'opera d'arte di Hector Guimard.

 

Davanti si staglia la chiesa di Saint-Jean-de-Montmartre, in stile Art déco, edificata con tecniche “ardite” per l'epoca (1900). Bella la facciata con motivi floreali in ceramica e con mattoni faccia-vista di rara precisione. Altrettanto bello e floreale l'interno.

 

Proseguo su rue des Abbesses (a destra del métro) e qui comincia la salita verso la collina.

 

Rue Ravignan porta fino all'incantevole place Emile-Goudeau dove, dopo l'incendio del 1970, è stato ricostruito il Bateau-Lavoir.

 

Prima, però, faccio una breve deviazione sulla destra, verso rue des Trois-Frères, dove, nella drogheria Colignon al n° 56, sono state girate alcune scene di “Amélie”.

 

Sempre in rue des Trois-Frères, al n° 48, è affissa una targa in ricordo di Aron Skrobek, Ebreo polacco morto a Struthof (Alsazia), fondatore nel 1940 del movimento di resistenza Solidarité, deportato con il sistema “Nuit et brouillard” (notte e nebbia), riservato agli oppositori politici dell'occupante tedesco.

 

Ancora prima di salire, a sinistra della piazza, percorro la tranquilla rue Durantin, dove, a differenza del Marais, alcuni negozi, pur cambiando genere, hanno mantenuto le insegne e le vetrine d'antan. Arrivo fino al n° 40, dove un cancello fa intravedere una corte interna, "la cour aux Juifs", un angolo rimasto intatto. Qui sono state girate alcune scene de la "Rafle d'Hiv'" ("Vento di Primavera"), con Jean Reno.

 

Passando, si incrocia rue Tholozé, che ci ricorda un quadro del Moulin de la Galette, dipinto da Utrillo da questa prospettiva.

 

Finalmente salgo gli scalini di place Emile-Goudeau: alcune panchine, gli alberi, le foglie morte di questo autunno, una fontanella storica, un luogo discreto, nel quale hanno abitato e lavorato artisti e intellettuali del calibro di Picasso, Van Dongen, Braque, Juan Gris, Max Jacob, Apollinaire e Mac Orlan.

 

Quello che vediamo non ha più nulla dell'edificio originale, bruciato negli anni '70 del Novecento.

 

Prima dell'arrivo degli artisti, era una guinguette dove i Parigini venivano a bere. Poi le continue escavazioni della collina la fecero chiudere.

 

Uno dei primi inquilini fu Picasso, che qui dipinse “Les Demoiselles d'Avignon”.

 

E' Max Jacob che conia il nome, visto che questa costruzione in legno assomiglia a un battello ancorato sulla Senna, dove le donne andavano a fare il bucato.

 

Lì accanto, un negozio ne racconta la storia. Sulla piazza c'è anche un albergo (Timhotel Montmartre).

 

Per avere un'idea degli ateliers del Bateau-Lavoir, un bell'esempio si trova all'angolo con la rue d'Orchampt. In fondo a questa piccola strada, ha abitato Jolanda Gigliotti, l'affascinante Dalida, in una palazzina degli anni Venti, allorché iniziò la trasformazione della vecchia Montmartre, che Dalida contese a Jean-Paul Belmondo.

 

Dalida riposa nel cimitero di Montmartre.

 

Ritorno indietro, passando da rue Ravignan, per arrivare a rue Gabrielle.

 

Picasso visse al n° 49, durante il suo "periodo blu", insieme al pittore Carlos Casagemas, morto suicida.

 

Casagemas amava non corrisposto Laure "Germaine" Gargallo, una modella di vari pittori, tra i quali Picasso. Casagemas perse la testa e durante una cena tentò di ucciderla. Quando capì cosa aveva fatto, si sparò un colpo in testa.

 

Laure si sposò poi con un pittore catalano (Pichot) e, insieme, presero in gestione nel 1905 la "Maison Rose", una piccola trattoria con qualche camera per pittori e artisti squattrinati.

 

Laure, diventata "Tante Laure" (Zia Laure), morirà di sifilide nel 1948.

 

Altra salita fino a una piazzetta con un giardino triangolare. Pochi sanno e pochi si interessano di questo spicchio di Montmartre, ma proprio qui, in place Jean-Baptiste-Clément, vi era il municipio di Montmartre durante la Comune di Parigi, ed evoca una delle più belle canzoni francesi, "Le Temps des cerises". In ricordo è stato piantato un ciliegio.

 

A sinistra, all'angolo con rue Norvis, una costruzione ottogonale (ex-riserva di acqua, "château d’eau"), è dal 1983 sede dell'associazione "Le Clos de Montmartre".

 

Al n° 22 di rue Norvis, c'è ancora la "Folie Sandrin", ex-ricovero per alienati mentali. La via termina in place Marcel-Aymé, dove visse lo scrittore, ricordato da una scultura che rappresenta uno dei suoi personaggi più famosi, il Passe-Muraille.

 

Ritornando indietro, s'incomincia a intravedere la sagoma del Sacré-Coeur. Qui scompare il vero Montmartre e iniziano i negozietti, i caffè, i ristoranti...

 

Per fortuna vedo la "Bonne Franquette",un ex-cabaret della fine dell'800, frequentato da artisti, fra i quali Vincent Van Gogh. Mi ricorda una canzone di Herbert Pagani, che racconta una serata tra amici, iniziata con un fiasco di Chianti, salumi e tanta allegria, e che termina alle tre di notte.

 

La piazzetta che trovo proseguendo verso il Sacré-Coeur è bella. Ai lati opposti, ci sono due pittori con i rispettivi cavalletti. Niente a che vedere con la presenza, chiassosa e asfissiante, di due pittori al metro quadro, in place du Tertre in un qualsiasi giorno dell'anno.

 

L'église de Saint-Pierre mi riapre gli occhi ed il cuore. E', con Saint-Germain-des-Prés, una delle chiese più antiche e suggestive di Parigi.

 

E' tutto ciò che resta dell'Abbazia di Montmartre, fondata dalla Regina Adelaide di Savoia. Fu edificata sui resti di un tempio pagano, di cui restano alcune colonne. Dopo vari rimaneggiamenti e modifiche nel corso dei secoli, fu venduta come bene immobile al tempo della Rivoluzione. Al di sopra dell'abside, venne installato un telegrafo, fu riconvertita in deposito di granaglie e poi, durante la Comune, di munizioni.

 

A un certo punto, la Curia pensò persino di demolirla, tanto più che si stava edificando il Sacré-Coeur. Per fortuna, ci fu una vera e propria levata di scudi da parte di artisti e di anticlericali, che fecero enormi pressioni sul Consigliere socialista affinché impedisse la demolizione.

 

All'interno, notevoli sono la pietra tombale di Adelaide di Savoia, un quadro del Guercino, "Rinnegamento di S. Pietro", il fonte battesimale del 16° secolo e l'altare moderno in rame smaltato.

 

Belli pure i tre portali moderni in bronzo , dello scultore italiano Gismondi, fusi a Roma e benedetti da Papa Wojtyla.

 

A sinistra, nascosto da un spesso cancello di ferro, si scorgono frammenti del piccolo cimitero "du Calvaire" (oggi sconsacrato).

 

Da qui inizia rue du Mont-Cenis, che, per anni, fu l'unica strada di accesso alla "Butte" e che collegava l'abbazia di Montmartre con quella di Saint Denis.

 

Da rue du Mont-Cenis, imbocco la rue Saint-Rustique, un'oasi di pace ad appena cento metri da Place du Tertre. E' la più antica via di Montmatre, senza marciapiedi, acciottolata e delimitata da casette dall'aria campagnola.

 

Al n° 13 di rue du Mont-Cenis, ancora nei pressi di place du Tertre, la galleria Roussard, stretta tra vari bistrot, cela nel cortile interno una targa che ricorda che, in questo luogo, era la sede del Cabaret di Patachou. Qui, Patachou, una sera del 1952, presentò al pubblico un autore del quale poco prima aveva cantato "Les Amoureux des bancs pubblics". Il giovane Georges iniziò con "Le Gorille", e fu lì che diventò Brassens. Sempre qui dalla piccola Patachou, Edith Piaf si esibì per l'ultima volta.

 

Adesso mi tocca il Sacré-Coeur, la basilica che fu la risposta del clero francese alla Comune di Parigi del 1871, che da qui prese vigore.

 

Un po' come successe ad Albi, dove dopo la Crociata e la sconfitta degli Albigesi, i cittadini furono tassati per edificare la nuova Cattedrale.

 

Si narra che il luogo scelto sia stato quello della decapitazione di San Dionigi, il Santo decollato che percorse alcuni chilometri con la testa sotto il braccio (forse arrivando proprio a Saint-Denis).

 

Il progetto scelto fu quello dell'architetto Paul Abadie, in uno stile Romanico-Bizantino che rimanda ad un'altra chiesa di Abadie, nella sua città natale, Périgueux (nel Périgord).

 

Fu osteggiata da intellettuali come Zola e politici come Clemenceau e, dopo la consacrazione, dagli abitanti della "Butte", che le preferivano Saint-Pierre.

 

La particolarità del suo candore è dovuto alla pietra bianca di Château-Landon, che si sbianca a causa del sole e delle intemperie.

 

All'interno sono da visionare (solo) i mosaici del coro.

 

Si può salire, a pagamento, sulla cupola (300 scalini), dalla quale si gode un bellissimo panorama su Parigi e sui luoghi nascosti della "Collina".

 

La strada che gira dietro la Basilica, solitaria e silenziosa, e dalla quale si possono fotografare le absidi, si chiama rue du Chevalier-de-la-Barre. Il cavaliere de la Barre era François-Jean Lefebvre, che, nel 1766, non ancora ventenne, venne torturato e poi decapitato per non essersi tolto il cappello durante il passaggio di una processione religiosa e per aver pronunciato con amici frasi ritenute blasfeme.

 

Poco più in là, imbocco la rue Cortot. Al n° 6 abitò Erik Satie, un compositore che frequentava "Le Chat Noir" e che conobbe Debussy. Aderì alla Società Cabalistica dei Rosacroce (Rosenkreuzer) e fu uno degli amanti di Suzanne Valadon.

 

Al n° 12 hanno abitato Utrillo, la madre Suzanne Valadon, Émile Bernard e Renoir, che qui dipinse "Le Moulin de la Galette".

 

Fu Toulouse-Lautrec che coniò il nome Suzanne per Marie-Clémentine Valadon e che si rifaceva a "Susanna e i vecchioni", episodio narrato nel Libro di Daniele della Bibbia.

 

Oggi è la sede del Museo di Montmartre, che raccoglie le foto, i ricordi del Montmartre pre-annessione a Parigi (annessione che avvenne nel 1860) e dell'evoluzione successiva: la Comune della primavera del 1871, la vita di inizio secolo con i pittori e i cabaret.

 

Particolarmente emozionante è la ricostruzione dell'atelier di Suzanne Valadon, con alcune stanze private, tra cui la camera del figlio Maurice Utrillo, con un lettino minuscolo e la rete alla finestra, poiché nei momenti di rabbia gettava oggetti in strada.

 

All'esterno, una targa con foto ricorda che, al n° 10, abitava Julien "Père" Tanguy, che aveva un negozio di colori in rue Clauzel. I suoi clienti? Van Gogh, Gauguin, Renoir, Pisarro, Modigliani...

 

Bellissima è la vista dal giardino sulle vigne di Montmartre, con il Lapin Agile sullo sfondo.

 

Il biglietto d'ingresso costa 11 euro, ma , a mio avviso, sono soldi ben spesi.

 

Alla fine di rue Cortot, all'incrocio con rue des Saules,sorge la "Maison Rose", già citata parlando di Laure Gargallo. Utrillo era un cliente fisso e si dice che si fosse innamorato di Laure. E' una meta molto conosciuta dai turisti e, infatti, lì trovo diverse persone "in posa" per farsi fotografare o intente a farsi un selfie ricordo.

 

Attraverso l'incrocio, ancora in discesa, e sono in rue de l'Abreuvoir. Anche qui file di casette fiorite e un grande parco.

 

Un tempo, in questa strada, c'era una fontana dove venivano portati gli animali ad abbeverarsi. La via sfocia in place Dalida, all'angolo di rue Grandon e l'allée des Brouillards.

 

Il busto di Dalida ha i seni ben "lucidati", grazie a una superstizione secondo la quale strofinarli dia vigore erotico all'uomo.

 

L'allée des Brouillards comincia a metà della curva ed è molto stretta. Il castello è una "folie" architettonica del 18° secolo.

 

In fondo all'allée, si apre lo square (giardino pubblico) Suzanne-Buisson in stile Art déco, pieno di terrazze e circondato da villette, con una statua di Saint-Denis al centro.

 

La statua severa del Santo decollato è posizionata a guardia di un campetto per le bocce.

 

Uscendo dal giardino, una targa nascosta dal cancello ricorda Suzanne Buisson, nata Lévy. Un'antesignana dell'impegno delle donne in politica, attiva nel partito socialista quando ancora si chiamava SFIO, al fianco di René Viviani e Léon Blum. Nel 1943, a Lione, si fa arrestare dalla Gestapo per salvare dei compagni nascosti. Ebrea e resistente, la fine è tristemente nota, ma nessuno sa dove sia stata uccisa.

 

Avenue Junot, gli Champs-Elysées di Montmartre: venne creata nel 1910 in un terreno di orti e cortili, baracche e case di legno, in una parola, un bidonville. Ora, invece, vi hanno eletto residenza numerosi VIP e molte delle ville cha la fiancheggiano sono in stile Art déco.

 

Al n° 11 dell'avenue Junot, c'è lo Hameau des Artistes (villaggio degli artisti), con la casa dove visse e morì Suzanne Valadon. Al n° 13 abitò Poulbot, disegnatore e illustratore, una delle anime di Montmartre. Famosi i suoi disegni dei "monelli" del quartiere, tanto che i ragazzi di strada verranno chiamati "poulbots".

 

Un cartello dell'Automobile Club de France, in rue Norvis, avverte, "Automobilisti rallentate, attenzione ai piccoli poulbots". Suo è il mosaico della facciata.

 

Al n° 15 una dimora di Adolf Loos per Tristan Tzara. Dal n° 23 bis, si accede a Villa Léandre, una lussuosa stradina privata, dove visse per un periodo Max Ernst.

 

Ai nn. 28 e 36, due edifici di Adolphe Thiers. Al n° 39, un anonimo condominio cela il ricordo dell'ex-hotel Alsina, dove abitò la Piaf e dove, per un periodo, "ricevette" Montand.

 

Percorro tutta l'avenue Junot, fino a ritrovare la rue Saint-Vincent, una delle più pittoresche di Montmartre, cantata da poeti, tra cui Aristide Bruant.

 

Da un lato confina con l'omonimo cimitero.

 

Bruant abitava al n° 30, proprio a fianco al "Lapin Agile".

 

Nel 1880, il pittore Gill decorò la facciata con una lepre che usciva da una pentola. Da Gill ad Agile il passo fu breve.

 

Acquistato da Bruant nel 1903, tra i clienti contava Picasso, che pagò una cena con uno dei suoi Arlecchini.

 

Da qui lo sguardo punta in alto, verso le vigne e il Museo di Montmartre.

 

Ritornando su rue du Mont-Cenis, ho la balzana idea di scendere tutta la strada con relative scale, fino ad arrivare in place Jules-Joffrin.

 

Ritrovo il caos urbano, con passaggio continuo di auto e autobus, il Municipio del 18° arr. e la chiesa di Clignancourt, con bancarelle e una giostra davanti.

 

Utrillo, quando la dipinse nel 1914, non si trovò certo in questa situazione, anche se lui, di solito, usava delle foto e delle cartoline per i sui paesaggi.

 

Nelle vicinanze, in rue Saint-Isaure, c'è una sinagoga, opera del 1937-39 dell'architetto Germain Debré, che aveva progettato anche l'asilo al no. 16 di rue Lamarck e che lavorò per i Rothschild e Marie Curie.

 

Ritorno a piedi, ma il mio consiglio è quello di prendere il Montmartrobus.

 

Lascio la rue du Mont-Cenis per la rue Lamarck, dalle cui scalette si scorge il (brutto) campanile del Sacré-Coeur.

 

Al n° 16 un asilo della Comunità ebraica, con una storia agghiacciante degli anni della guerra, allorché 79 fanciulli furono rastrellati e portati ad Auschwitz e ben 71 non fecero più ritorno.

 

Da qui, per scendere, si può percorrere il passage Cottin o nuovamente la rue du Chevalier-de-la Barre, che sfocia in rue Ramey.

 

Proseguo arrivando fino alla stazione della funicolare, per poi proseguire su rue Eleuthere, rue Norvis e place du Tertre. Nell'angolo opposto della piazza, si accede a un angolo nascosto, silenzioso, raccolto: place du Calvaire, il punto più alto di Parigi.

 

Qui ha sede l'Espace Dalí. Più del tempo, mi mancano le forze per visitarlo.

 

Preferisco scendere lungo rue Lepic, una via elegante con palazzi degli anni Venti. Prima si trova il famoso Moulin de la Galette, immortalato da tanti pittori, tra tutti o sopra tutti Utrillo e Renoir.

 

I mulini a Montmartre, prima dell'annessione del 1860 al comune di Parigi, erano 14, fino a rimanerne due: il Moulin du Radet, tra rue Girardon e rue Lepic, e il "Blute-fin", del 1622.

 

I mugnai Debray li acquistarono nel 1809 e già il Radet era divenuto una guinguette, dove si mangiavano gallette e si beveva vino.

 

Poi, questa famiglia eroica, lottando contro i Russi nel 1814, venne quasi decimata.

 

Fu uno dei figli di Debray che darà più impulso a questa balera, con un ballo, "il ballo di Debray", che, alla fine del 19° secolo, divenne la famosa attrazione "Le bal du Moulin de la Galette", dipinta da Renoir.

 

Il mistero è che non si conosce quale dei due "vecchi" mulini sia il sopravvissuto.

 

Rue Lepic scende ampia ed elegante, fino al n° 54, dove abitò Theo Van Gogh, che qui ospitò il fratello Vincent durante il suo soggiorno parigino.

 

Al n° 12 c'è il bar Lux, al cui interno si trova una decorazione murale del 1910 che rappresenta il Moulin Rouge. Di fronte, al n° 9, l'entrata secondaria del Moulin Rouge. Ancora Amélie: all'angolo con rue Cauchois, c'è il Café des Deux-Moulins.

 

Ritorno al M° Abbesses, con una breve sosta sulla panchina in questa dolce sera autunnale. La discesa interna al métro è un lungo addio (o, meglio, arrivederci) di foto di Montmartre, dei suoi personaggi, dei suoi artisti, della sua gente, della sua storia.

 

 

Foto, tinyurl.com/h7fl5bf